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Per difenderci da cosa? chiese Dana.
Dalla notte. Da qualsiasi cosa ci sia là fuori durante la notte.
Darei un occhio per sapere esattamente che diavolo è mormorò Moore.
È come combattere con gli occhi bendati.
Nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile disse Fox. Forza!
Cerchiamo piuttosto di scoprire cosa ci serve. Rovistiamo nel campo. La civiltà
occidentale produce un mucchio di rifiuti utilissimi. Se siamo fortunati riusciremo a
riciclare qualcosa.
Dana individuò qualcosa di cui potevano aver bisogno. Nel mucchio della
spazzatura trovò dei sudici teloni di plastica serviti, probabilmente, per l'imballaggio
degli attrezzi da boscaiolo.
Fantastico disse Fox. Un rivestimento contro le invasioni...
Portarono le incerate nella baracca e iniziarono a foderare pavimento, soffitto e
pareti. L'operazione fu lunga e laboriosa.
Fate attenzione a non lasciare aperta neanche una fessura raccomandò
Fox.
Praticamente stiamo risparmiando lavoro ai nostri amici osservò Dana
inchiodando un telone sulla finestra. Ci stiamo imbozzolando da soli.
E quello che succede quando ci si vuole difendere disse il compagno.
Da una parte vuoi proteggerti, e dall'altra ti metti in trappola.
C'è ancora una cosa da fare aggiunse la ragazza. La lampadina, l'unica che
avessero nella baracca, pendeva da un lungo filo. Era facile da raggiungere, e lei
cominciò a svitarla.
Stai attenta disse Moore. Non ne abbiamo altre. Sembra che la
compagnia del legname avesse tagliato i rifornimenti.
Dana annuì e maneggiò la lampadina come l'uovo dell'ultimo esemplare di
chissà quale specie di uccello.
Conosci quel nuovo tipo di lampadine, quelle che cambi ogni sette anni?
chiese lei.
Certo disse Moore.
Bene, questa non ha niente a che fare con quelle disse Dana. Non c'è
nemmeno la marca. Non vorrei che i filamenti stessero per dirci addio. Spero di
sbagliarmi.
Comunque lo sapremo presto osservò Fox mentre Dana riavvitava la
lampadina. Il sole sta tramontando.
Vado a rimettere in moto il generatore disse Moore.
Dopo tre minuti fu di ritorno e, sbuffando per la corsa, ripristinò la protezione
sulla porta.
Ottimo tempo commentò Fox premendo sull'interruttore della luce.
Nessuno ebbe il coraggio di fiatare finché la lampadina non si accese. L'agente
controllò l'orologio. Dieci ore all'alba.
Con l'involucro e la luce, dovremmo farcela disse Moore in tono
fiducioso.
Certo confermò Fox. A meno che...
A meno che? ripetè Dana.
Non ci sia qualche sorpresa continuò il compagno.
Poi tutti e tre si sdraiarono sulle brande.
Che strano... ho sempre pensato di detestare la televisione disse Dana.
Ma adesso la guarderei molto volentieri.
Di sicuro sarebbe meglio che fissare una lampadina aggiunse Moore.
E ascoltare un generatore concluse Fox.
Riuscivano a sentire il rombo sordo del generatore. Me lo sto sognando, o il
generatore fa degli strani rumori?
L'ho ispezionato in velocità disse Moore. Anche a me sembrava che
non funzionasse perfettamente. Che Dio ce la mandi buona.
Comunque è inutile che ci sforziamo di ascoltarlo disse la biologa.
Basta che guardiamo la luce. Comincia a tremolare... mi sento come sulle montagne
russe...
Prova a chiudere gli occhi le suggerì Fox.
Facile a dirsi... Ma quando la lampadina si spense, Dana aveva il cuore in
gola. Poi la luce tornò e con essa riprese anche a scorrerle il sangue nelle vene.
Allora decise di fare come Fox le aveva suggerito: chiuse gli occhi. Per una
frazione di secondo, però. Non riusciva a sopportare il buio. Si voltò a pancia in giù e
si mise a fissare uno dei teloni che rivestivano le pareti. Improvvisamente balzò a se-
dere, rischiando di sbattere la testa contro la branda soprastante.
Si sforzò di parlare con voce ferma. Eccoli, li vedo... attraverso il telone.
Venite qui.
Una miriade di puntini verdi e lucenti brillava al di là della plastica sudicia.
Penetrano dai muri disse Dana. Buttiamoci a terra. Li la luce non
arriva... voglio vederli meglio.
Appoggiò le mani al telone e cominciò a lisciarne le pieghe.
Aaaaah! urlò all'improvviso. Quella roba verdastra le stava camminando
lungo un braccio.
Sono su di me! strillò terrorizzata. Mandateli via!
Cominciò a indietreggiare mulinando le braccia.
Attenta! gridò Moore, vedendola urtare la lampadina, che ondeggiò
pericolosamente. Moore afferrò Dana costringendola ad abbassarsi e poi, con
delicatezza, fermò quel movimento ondulatorio.
Intanto Fox stringeva tra le braccia la collega, che tremava come una foglia.
Anche lei, non solo la lampadina, aveva perso il controllo.
Dana la rassicurò va tutto bene, va tutto bene.
Falli andare via piagnucolò lei.
Adesso basta! Calmati. Stai tranquilla.
Dana si sforzò di obbedire. Coi pugni serrati, le braccia rigide lungo i fianchi, il
cuore che le batteva all'impazzata e gli occhi chiusi. Rimase così, senza il coraggio di
guardare.
Dove sono, Fox? chiese. Li vedi?
Non sono solo su di te. Sono dappertutto. Non c'è un centimetro di baracca
senza quella bava. Probabilmente li abbiamo visti così bene sul tuo braccio perché eri
all'ombra.
Pensavo che qui dentro fossimo al sicuro disse la giovane. Poi scosse le
braccia per assicurarsi che non fossero più cosparse di insetti. Sembrava di no. In
ogni caso non si sentiva male.
Ci sono buone probabilità che ce la caviamo disse Fox. Non sembrano
aggressivi. E in più la luce li inibisce, non si arrampicano.
Poi il suo sguardo corse alla finestra. Non voglio nemmeno pensare a quanti
ce ne vogliono per divorare un uomo. O a quanti possono essercene là fuori: nell'aria,
sugli alberi...
Speriamo che questi aggeggi li facciano bene, a Taiwan disse Moore,
sempre tenendo ferma la lampadina. L'alba è ancora molto lontana.
Capitolo QUATTORDICI
Dana sapeva che non sarebbe riuscita a prendere sonno. Stava ancora tremando.
Solo una cosa avrebbe potuto calmarle i nervi: doveva rimettersi al lavoro. Tornò
quindi alla branda ed esaminò tutti i dati di cui disponeva.
All'improvviso, un'intuizione si fece largo nella sua mente.
Prese dallo zaino un barattolo di vetro e lo mise sul tavolo.
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